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Architetto: cento anni di professione in Italia

Che siano archistar come Frank Lloyd Wrigh o Zaha Hadid, autori di opere come Fallingwater, casa Kaufmann o, più comunemente, la “casa sulla cascata” o il Guangzhou Opera House a Canton, oppure designer come Enzo Mari, gli architetti, anche quando meno famosi, rappresentano una professione che sa e deve combinare funzionalità ed estetica. Nel 2023 la professione ha compiuto, in Italia, cento anni, poiché è stata istituita nel 1923 con la legge 1395 ed il successivo regolamento del 1925.

In generale, gli architetti sono, nella visione comune, coloro i quali preparano progetti per la costruzione o il restauro di edifici e ne gestiscono l’esecuzione. In realtà, la figura dell’architetto è una figura multidisciplinare, ben caratterizzata dalle specializzazioni che è possibile conseguire dopo la Laurea e le cui principali sono: architetto edile, architetto d’interni, bio-architetto, architetto paesaggista, architetto pianificatore, architetto conservatore. Si stanno affermando sempre di più anche le figure dell’ergonomo, che armonizza l’uomo con l’ambiente di lavoro, e il progettista di spazi di lavoro, che va incontro alle nuove tendenze e alle nuove richieste di flessibilità e benessere delle persone. Se è vero però che diverse possono essere le specializzazioni consentite con la Laurea in Architettura, tra gli iscritti all’Ordine gli ambiti professionali meno tradizionali sono poco rappresentati.

In base ai dati più recenti forniti al CNAPPC dagli Ordini Provinciali, alla fine del 2020, gli architetti iscritti all’albo erano più di 150 mila. Nell’ultimo decennio, il numero degli iscritti ha mostrato una progressiva stabilizzazione, frutto di un bilanciamento tra nuove iscrizioni e cancellazioni. Roma è la provincia italiana con il maggior numero di architetti, più di 18 mila a fine 2020, seguita da Milano, Napoli e Torino, anche se Reggio Calabria è la provincia che in termini di densità registra il dato maggiore, con 5 architetti ogni 1000 abitanti. In generale, però, un quarto degli architetti italiani è concentrato nelle provincie del Nord Ovest e la professione ha un buon equilibrio di genere. Stando ai dati attuali, sono donne il 42,5% degli architetti, con una crescita negli ultimi dieci anni di quasi il 14% di iscritti all’albo. Avanza l’età degli iscritti nell’ultimo decennio: nel 2021, la percentuale di architetti con meno di 41 anni è scesa al 28,4% del totale iscritti. I dati della Cassa Previdenziale ci aiutano a capire che, degli oltre 153 mila architetti iscritti, quasi 89 mila svolgono la professione in forma autonoma. Non mancano naturalmente gli studi associati o quelli, anche di grandi dimensioni, legati a figure carismatiche. Si stanno affermando anche società, che arrivano a contare sino a 400 collaboratori.

Il valore sociale della professione è riconosciuto nelle opere che disegnano l’assetto urbanistico delle nostre città e definiscono gli spazi collettivi del nostro agire sociale, come scuole, teatri, uffici, ospedali e musei. Se ce ne fosse bisogno, un esempio su tutti è lo schizzo a matita con cui Renzo Piano immaginò il nuovo ponte Morandi di Genova, oggi Genova San Giorgio. La tutela dell’ambiente e la costruzione di spazi di lavoro sempre più moderni e tesi a ridurre i fenomeni dell’inquinamento, fanno dell’architetto non solo un interprete della volontà politica, ma anche un agente della trasformazione del territorio, che può consentirci di rendere il nostro mondo sempre più sostenibile.

La professione è comunque in evoluzione e, se è vero che come per tutte le professioni, anche quella dell’architetto implica esperienza e conoscenza implicita, forte interazione con il cliente e capacità di personalizzare le soluzioni, i cambiamenti del mercato e l’evoluzione tecnologica stanno modificando il mestiere. Accantonato in cantina il tavolo da disegno con tecnigrafo per il disegno tecnico-architettonico, che seguiva lo schizzo su foglio bianco con cui sino a non molti anni fa iniziava ogni progetto, oggi gli architetti possono avvalersi di strumenti sofisticati.

I software di progettazione assistita e i programmi di disegno assistito hanno sostituito gli strumenti digitali e i progetti digitali hanno sostituito i progetti disegnati a mano. Se “l’ombra lunga dell’architetto gentiluomo incombe ancora sulla professione”, le simulazioni tridimensionali possono essere attraversate, ricomposte con infinite sperimentazioni con forme e strutture diverse.  Software complessi consentono approcci come la “progettazione computazionale”, la “progettazione parametrica” e la “progettazione algoritmica” in cui gli algoritmi passano al setaccio tutti i criteri di progettazione di un edificio per soddisfare i requisiti richiesti e inseriti dal progettista. Piattaforme on line sfidano il tradizionale rapporto con il cliente, che può mettere a gara il progetto per la propria casa o costruirsi un modello virtuale della casa che vorrebbe realizzare. Facilitati dalla digitalizzazione e dalla evoluzione del mercato, i progetti diventano sempre più un contesto in cui una rete di specialisti di varia natura raccoglie ed elabora i dati di sua competenza, coordinati da BIM (Building Information Modeling) piattaforme on line che facilitano il coordinamento e l’eventuale esternalizzazione di attività particolari. Nel futuro delle nostre città, delle nostre case, dei nostri spazi comuni, la sensibilità artistica e la visione dell’architetto, la sua capacità di fondere l’ambiente naturale e gli elementi artificiali, non sarà sostituita, ma arricchita dalla tecnologia e dal contributo progettuale di altre visioni complementari. A questo futuro bisogna preparare le giovani generazioni, anche con il contributo e il sostegno dei professionisti già affermati.

A cura di Prof. Umberto Frigelli

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