“All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi imbrogliarle” dice il Dottore a Renzo, così come la racconta il Manzoni. Non sappiamo quanti facciano ancora propria questa massima, ma certo la professione dell’avvocato si è molto evoluta nel tempo. Professione liberale per eccellenza, gli avvocati hanno mostrato per un lungo periodo una forte espansione numerica. Secondo l’ultimo Rapporto 2022 sulla Avvocatura a cura di Cassa forense in collaborazione con il Censis, per la prima volta, però, il numero degli iscritti è diminuito nel 2021 di 3.200 unità, con un saldo negativo, fra nuove iscrizioni e cancellazioni di 1.600 unità, e ciò è in parte è dovuto alla decisione di cancellazione di molte donne avvocato. Sul totale degli iscritti, circa un terzo degli avvocati risiede al Nord, contro il 43,8% degli avvocati presenti nel Mezzogiorno e il 22,5% nelle regioni centrali. I dati 2021 dicono che gli iscritti a Cassa Forense sono 241.830; di questi il 94,3% risulta attivo. Se rapportato alla popolazione italiana, il dato degli iscritti attivi è di 4,1 avvocati ogni 1.000 abitanti. La distribuzione per genere vede una leggera prevalenza maschile con il 52,3% sul totale.
In termini assoluti sono 126mila gli avvocati uomini e 115mila le donne. Seppure si avverte il rischio di un progressivo invecchiamento degli iscritti, la professione oggi vede ancora una presenza di chi esercita sufficientemente giovane, con età media degli avvocati attivi di circa 47 anni e ampia apertura verso le donne: fatto 100 il totale degli avvocati con un’età inferiore ai 35 anni, il 59,1% è rappresentato da donne. Il rapporto evidenzia però alcune criticità della condizione professionale per i giovani e le donne. Vi è una reale “polarizzazione” tra professionisti, in cui una parte ridotta riesce a valorizzare i vantaggi competitivi acquisiti nel tempo, mentre la maggioranza, seppure con difficoltà, prova ad uscire da una condizione di disagio. Malgrado i redditi complessivi risultino in aumento, la condizione professionale dei giovani avvocati vede soprattutto disparità di reddito rispetto ai professionisti senior, al punto che Il 36,4% degli avvocati under 40 ammette di avere considerato l’idea di lasciare la professione, soprattutto perché la ritiene una occupazione che comporta costi eccessivi senza il corrispettivo ritorno economico.
Di certo molte cose stanno cambiando. Secondo il Rapporto, il 50,7% degli italiani considera la professione dell’avvocato essenziale per la tutela dei diritti e il 30,5% per lo sviluppo delle attività economiche, ma nel contempo, fatto 100 il totale dei laureati nel 2020, la quota relativa agli studi giuridici è del 5,6%, molto al di sotto di quanto accade nelle discipline economiche, mediche e farmaceutiche o nell’ambito ingegneristico. Se si guarda al futuro della professione, la percezione è che, in ambito civile, il diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza rappresenti la specializzazione con il maggiore potenziale di sviluppo nei prossimi anni, assieme al contenzioso inerente alla responsabilità civile e professionale e delle assicurazioni, il diritto industriale, della proprietà intellettuale e dell’innovazione tecnologica. Per molti i campi professionali su cui investire sono le imprese, il diritto commerciale e societario, i temi giuslavoratistici e della contrattualistica, delle ristrutturazioni aziendali e il supporto alle fusioni e acquisizioni di impresa. Anche nell’area del penale i contenziosi riguardanti la persona lasciano il passo ai temi sociali e di impresa, soprattutto le questioni legate a internet, all’informazione e alle nuove tecnologie, le tematiche legate all’ambiente, all’ economia, all’impresa e alla difesa o alla salvaguardia delle responsabilità dei manager. Impresa, nuove tecnologie e ambiente rappresentano, in sostanza, gli ambiti di sviluppo per consolidare la propria presenza e le proprie competenze, assieme alla protezione della persona in ambito familiare, in ambito lavorativo o il trattamento dei dati.
Che dire poi della evoluzione delle nuove tecnologie. Il digitale, in tutte le sue forme, è entrato a far parte integrante del lavoro degli avvocati e molte università hanno inserito specifici corsi di studi o Master nelle facoltà di Giurisprudenza. Anche l’intelligenza artificiale sarà sempre più importante per la ricerca legale, la revisione e gestione dei contratti e dei documenti, la previsione dei risultati dell’impostazione legale di una pratica e altro ancora, visto che solo le leggi nazionali, in Italia, si stima siano in tutto tra le centocinquantamila e le centosettantamila. Che dire poi della famosa chatbot GPT sviluppato da Open AI, specializzato nella conversazione con un utente umano. Nell’esame di abilitazione alla professione forense negli USA, l’ultima versione GPT-4 si sarebbe posizionata nel 10% dei migliori aspiranti avvocati al contrario di GPT-3.5 che risultava agli ultimi posti. Si apre dunque per gli avvocati uno scenario di trasformazione in cui i clienti più profittevoli andranno cercati nell’ambito delle imprese e dei settori legali ad esse collegate. Fiducia, credibilità, affidabilità rimarranno fattori essenziali nella relazione con il cliente, che andrà però gestito con gruppi di specialisti diversi, vista la complessità delle problematiche da affrontare. In questo contesto i giovani saranno una risorsa preziosa, vista la loro dimestichezza con le tecnologie e con il lavoro in team. La professione liberale per eccellenza ha dunque davanti a sé ancora sviluppi interessanti dal punto di vista dei ritorni economici e di prestigio, a patto di sapersi evolvere con i tempi.
A cura di Prof. Umberto Frigelli